Quello che tutti dovrebbero sapere delle pubbliche relazioni

30 agosto 2022

Quello che tutti dovrebbero sapere delle pubbliche relazioni

Cosa sono le pubbliche relazioni?

Le pubbliche relazioni hanno molto a che vedere con l’arte della persuasione. Attraverso di esse, si convince un target o un pubblico al di fuori della propria solita sfera di influenza, a promuovere un’idea, acquistare un prodotto, sostenere la propria posizione o riconoscere un traguardo.

Uno specialista in pubbliche relazioni è un narratore. Un PR può essere utilizzato per proteggere, migliorare o costruire una buona reputazione attraverso i media.

Un PR ha il compito infatti, di generare pubblicità positiva per il cliente e migliorarne la reputazione.

In che modo le pubbliche relazioni differiscono dalla pubblicità?

Trattasi di non pagato contro pagato. Guadagnato contro acquistato. Credibile contro scettico. Le pubbliche relazioni sanno di buono, la pubblicità è meno appagante. C’è un vecchio detto: “Advertising is what you pay for, PR is what you pray for”.

Le Relazioni Pubbliche ti permettono di raccontare la tua storia indirettamente, da terzi, primariamente dai media. Quando la tua storia è raccontata da terzi, siano essi stampa, tv, radio, blogger, giornalisti, la tua storia è credibile.

La pubblicità no, non è credibile.

Prima di investire nella pubblicità, iniziare un efficace programma di PR, individuando le testate giornalistiche da intercettare, è senza ombra di dubbio più costruttivo.

Se la pubblicità appaga i media a pagamento, rappresenta i media, le pubbliche relazioni si guadagnano sul campo la stima e la credibilità dei media su ciò che rappresentano, sia esso un prodotto, un brand, un personaggio o un evento.

Un’altra notevole differenza è il prezzo. Le società di PR addebitano costi mensili per un percorso strategico costante e progressivo o possono essere assunte per progetti specifici e circoscritti. L’agenzia pubblicitaria è in generale molto più costosa.

Cosa sono le notizie?

Prima di assumere una società di PR o avviare la propria campagna, è importante comprendere la natura delle notizie.

Esistono solo due modi per fare notizia:

  1. Creare una storia.
  2. Seguire una storia.

Questo è di vitale importanza per coloro che vogliono capire, realizzare e sfruttare il potere delle relazioni pubbliche. Prima di rispondere al vostro cliente o al vostro capo che vi ordina “Fammi arrivare sulla prima pagina del New York Times!”, sappiate che far pubblicare una redazionale su un giornale perché siete voi a volerlo o perché è il vostro capo che lo richiede, non conta granchè. Ricordate, i giornalisti e i blogger o altra gente influente non sono degli stenografi. Chiederanno: “Che cosa c’è lì dentro per me e i miei lettori?” In altre parole, fingete di essere dalla parte sbagliata. Rispondete a questo: qual è la storia? Perché dovrebbe interessarmi? Perché dovrebbe interessarmi ADESSO?

Ecco altri criteri da considerare: è nuovo? È inusuale? C’è un lato di interesse umano? Ecco i due modi per fare notizia.

Crea una storia. Questa è la forma più comune di pubbliche relazioni. Comprende lo storytelling (l’arte del raccontare storie impiegata come strategia di comunicazione persuasiva) e, il più delle volte, le aziende che cercano di fare notizia, vogliono promuovere qualcosa di fresco: una nuova auto, una nuova applicazione, un nuovo mercato, un nuovo amministratore delegato, un nuovo piano industriale, una fusione, la vittoria di un premio.

Segui una storia. Questo avviene quando si commenta una notizia o una storia già in corso. Potrebbe essere una caduta nel mercato azionario; uno scandalo politico; gli effetti delle siccità sull’economia o una bufera di neve. Per le notizie dell’ultima ora, i giornalisti spesso hanno bisogno di un esperto in modo da commentarle in tempo reale tramite interviste telefoniche, videoconferenze, interviste video in diretta, Tweet, email. I giornalisti spesso contattano la loro consueta lista di esperti che conoscono e di cui si fidano. Questi interventi, in particolare quelli caratterizzati da una certa rapidità di pensiero creano nuove considerevoli connessioni e l’attenzione dei media.

I social media possono rimpiazzare i media tradizionali?

No.
C’è una crescente percezione secondo la quale i post dei blog o i Tweet, se visti da un numero sufficiente di persone, valgono alla stregua di una citazione su una testata. Non lasciatevi ingannare dalla promozione. I social media possono venire incontro agli sforzi dei PR e servire da amplificatori, ma non bastano per fare PR.

A differenza delle pubbliche relazioni tradizionali, le Digital PR si avvalgono di strumenti quali SEO (acronimo di Search Engine Optimization, ovvero l’ottimizzazione per i motori di ricerca, l’insieme di strategie e pratiche volte ad aumentare la visibilità di un sito internet), social media, i siti web, i blog, la copertura mediatica online e gli influencer.

Certamente la reputazione in rete dei social media e i contenuti generati dal consumatore possono avere un rapido effetto sulla vostra reputazione, sia positivo che negativo. Ma non è sufficiente.

Nelle PR tradizionali, è indispensabile metterci la faccia. Esserci in prima persona consente di creare le relazioni di cui parlavamo prima, di guardare e farsi guardare, guadagnando fiducia e interesse. Con la consapevolezza di essere osservati. È fondamentale esprimersi con cura e rispetto, senza perdere di vista i propri obiettivi: un post su Facebook non è un comunicato stampa, un tweet non vale come un articolo in ter- mini di valorizzazione. I social sono un’estensione fondamentale del lavoro del PR, vanno conosciuti e usati in prima persona, ma considerati pur sempre come uno strumento e non di più.

(PS: Un suggerimento per uno strillo o un titolo di un articolo: immaginatelo come se fosse un tweet, rapido ed effcace)

Si possono misurare le PR?

Probabilmente.
Ma non è una scienza esatta. Ci sono molte persone e aziende che hanno creato numerosi modelli, fogli di calcolo e stime. E sia chiaro. Sono tutte stime. Alcune sono molto meglio di altre.

Per esempio, molti professionisti credono ciecamente nei Principi di Barcellona. Si tratta di sette orientamenti volontari stabiliti da professionisti del settore per misura re il valore delle campagne di PR.

I Principi di Barcellona 2.0 sono stati presentati a Londra dall’ “International Association for Measurement and Evaluation of Communication” (AMEC) e in streaming a tutti i professionisti di PR di ogni parte del mondo.

Questi nuovi standard di misurazione sono stati sviluppati da AMEC in collaborazione con i partner originariamente coinvolti nella stesura dei Principi di Barcellona del 2010 – ICCO, l’istituto per le Relazioni Pubbliche, PRCA, PRSA e The Global Alliance.

Questo segna il primo aggiornamento ai Principi di Barcellona dopo cinque anni dalla loro diffusione avvenuta nel capoluogo catalano nel 2010, durante l’AMEC International Summit, in qualità di primi veri standard globali di effettiva misurazione delle relazioni pubbliche. I nuovi aggiornamenti vengono resi noti dopo solo due mesi da quando i delegati dell’AMEC International Summit di Stoccolma fecero appello per una revisione dei Principi di Barcellona originari.

David Rockland, Ketchum Partner e Immediate Past Chairman di AMEC, già alla guida del dibattito che nel 2010 in Spagna ha dato origine ai Principi di Barcellona, ha presieduto i lavori internazionali durante l’estate per mettere a punto gli aggiornamenti del quadro normativo.

AMEC ha incluso anche: clienti corporate (tra cui Cleveland Clinic e Philips), Paul Njoku, Evaluation Lead, Government Communication Service, il Governo Britannico; e alla guida degli accademici impegnati nella revisione dei testi, il Professor Jim Macnamara dell’ “University of Technology” di Sydney.

David Rockland ha commentato: “Nel 2010 lo sviluppo dei Principi di Barcellona è stato un momento cruciale nello sviluppo delle relazioni pubbliche”.

“La prima versione dei Principi non è mai stata intesa come finale o definitiva ma semplicemente come un punto di partenza. Ciò che AMEC insieme ai nostri partner ha fatto è stato aggiornare i Principi di Barcellona affinché rispecchiassero sia i significativi cambiamenti a cui abbiamo assistito nel panorama media sia la necessità sempre più impellente di comunicazioni integrate.” Ha ulteriormente precisato David Rockland.

Rockland crede che se gli originali Principi fossero più incentrati sul “cosa non fare”, i Principi di Barcellona aggiornati al 2015 forniscano ora una guida precisa su “cosa fare.”

I punti chiave dei Principi di Barcellona aggiornati sono:

  • Ampliare il raggio di azione per andare oltre la misurazione PR, cambiando il linguaggio per chiarire che i Principi di Barcellona sono rilevanti e applicabili a organizzazioni, governi, aziende e brand di tutto il mondo
  • Rafforzare l’importanza dell’integrazione, riconoscendo la rilevanza della comunicazione integrata e, quindi, di una “misurazione integrata” in modo trasversale tra geografie, metodi (quantitativo e qualitativo) e canali (inclusi i “Paid, Earned, Owned e Shared media”)
  • Distinguere tra misurazione e valutazione, separando il ruolo della misurazione dal ruolo della valutazione come processo concreto di uso dei dati per giudicare sul valore e sull’efficacia
  • Includere un nuovo focus qualitativo, riconoscendo il ruolo importante che le informazioni qualitative svolgono nella misurazione e nella valutazione, aggiungendo informazioni utili ai professionisti per capire “il perché” dietro ai risultati quantitativi
  • Ricordare ai professionisti la necessità di rendere misurazione e valutazione trasparenti, coerenti e valide, in grado di dare più suggerimenti sugli approcci e sulle metodologie adottate.

Barry Leggetter, CEO di AMEC ha dichiarato: “Il lancio dei Principi di Barcellona 2.0 rappresentano il primo stadio in un programma di educazione globale.” E prosegue “AMEC fa appello a tutti i suoi membri, le imprese, le associazioni PR e gli accademici affinché mettano in pratica e promuovano i nuovi Principi all’interno delle attività lavorative.”

“Abbiamo una nuova opportunità per rendere i Principi di Barcellona 2.0 conosciuti a livello internazionale – e soprattutto utilizzati.” Ha concluso Barry Laggetter.