Declino degli influencer e riscoperta delle PR tradizionali

16 settembre 2024

Declino degli influencer e riscoperta delle PR tradizionali

Dopo il caso “Balocco – Ferragni”, si parla sempre di più di una crisi del ruolo degli influencer e della influencer economy. Negli ultimi venti anni la presenza costante sui social di identità individuali ha ridefinito i concetti di popolarità e fama, precedentemente associati solo ai divi del cinema, ai personaggi della tv, agli atleti e alle top model: con l’avvento degli influencer il successo online e la conseguente monetizzazione dello stesso diventano democratici, meritocratici e accessibili ad un pubblico più ampio. Per molti giovani raggiungere la popolarità sul web rappresenta il coronamento delle proprie aspirazioni professionali, come certifica una ricerca di Adecco Group del 2023: la professione dell’influencer è quella più attraente nell’ambito dell’intrattenimento, con una crescita di popolarità del 505% rispetto al 2013, quando era ancora un fenomeno agli albori. Ma perché, fino allo scorso anno, piaceva così tanto? Cerchiamo di spiegarne i motivi.

Un migliore work life balance

Le priorità dei giovani sono diverse da quelle delle generazioni che le hanno precedute. Trattandosi di un lavoro creativo e non subordinato a luoghi fisici e ad orari da rispettare, diventare influencer permette un miglior bilanciamento tra vita professionale e vita privata, enfatizzando l’ “ozio creativo”, come teorizzato anni fa dal sociologo del lavoro Domenico De Masi.


Orizzontalità

Un rapporto paritario e diretto con i follower non filtrato da uffici stampa è sinonimo di autenticità: lo stile di vita veicolato dagli influencer risulta credibile e niente viene messo in discussione dalla fanbase.


Costo inferiore per le aziende

Molte società hanno deciso di affidarsi agli influencer perché hanno ritenuto - erroneamente - che il loro costo fosse inferiore rispetto a quello di una tradizionale agenzia di PR.

 

Adesso, però, ci troviamo di fronte ad un cambio di rotta: i consumatori preferiscono esperti autentici rispetto agli influencer che promuovono prodotti. Ma perché?

Le stories di Instagram

Su Instagram le stories hanno perso autenticità: la vita quotidiana ha lasciato spazio ad una rappresentazione mediatica percepita dalle persone come distante, artificiosa e falsata; al tempo stesso, l’ambizione e l’eccessivo desiderio di visibilità hanno sostituito l’etica nella comunicazione, disconnettendo il pubblico.

Il boom di TikTok

Il social cinese, meno patinato di Instagram, amplifica la democratizzazione dei contenuti, offrendo a tutti quei “quindici minuti di celebrità” teorizzati da Andy Warhol nel lontano 1968. Grazie alla condivisione di performance canore, balletti ed esibizioni musicali, TikTok enfatizza maggiormente la professione del content creator rispetto a quella dell’influencer che, dietro compenso, reclamizza un prodotto a suon di hashtag adv. Questa evoluzione ha messo in difficoltà molti influencer tradizionali, incapaci di reinventarsi in un ambiente meno patinato che richiede più velocità, più creatività e una connessione più genuina con il pubblico. Risultato: il valore commerciale degli influencer su Instagram sta calando a favore dei creator sbarcati sul social cinese.

La saturazione del mercato

Il numero di influencer è cresciuto esponenzialmente, saturando il mercato: questa sovrabbondanza ha causato una riduzione del valore percepito di ciascun influencer. “In questo mare magnum quali sono quei contenuti veramente autentici che si distinguono dalle mere operazioni di marketing?” si chiedono i consumatori. Purtroppo molti influencer, al fine di mantenere la propria posizione sul mercato, hanno iniziato a promuovere una vasta gamma di prodotti, spesso senza una vera connessione o interesse personale nei confronti dell’azienda. Questo fenomeno di sovraesposizione mediatica sul web ha causato una diminuzione della fiducia da parte dei follower, che sempre più frequentemente percepiscono i contenuti come forzati e privi di genuinità, dove predomina solamente la monetizzazione fine a sé stessa.

L'avvento del de-influencing

Assieme ai micro-influencer, emergono de-influencer che testano prodotti acquistati direttamente da loro senza nessuna interferenza da parte delle aziende, garantendo sia una maggiore performance, sia una maggiore autenticità del loro operato.

La trasparenza economica e le regolamentazioni

La mancanza di una regolamentazione chiara ha indotto molti paesi ad adottare normative più severe, come l’obbligo di dichiarare quando un post è sponsorizzato, alimentando, però, la disillusione da parte del pubblico. In un mercato sempre più regolamentato, molti influencer hanno dovuto, a malincuore, rivedere le loro strategie di marketing, spesso con risultati poco efficaci. La crescente consapevolezza del pubblico riguardo alle dinamiche economiche dietro i post ha ridotto l’efficacia delle loro campagne.

Oggi, pur non trovandoci di fronte alla fine degli influencer, stiamo assistendo ad una crisi che ha condotto ad una trasformazione della comunicazione da parte delle aziende. Che, adesso, per le proprie campagne di PR, stanno tornando alle collaborazioni con gli uffici stampa e con testimonial credibili, come atleti, cantanti, attori e personaggi del piccolo schermo. Questo “ritorno alle origini” va di pari passo con la riscoperta delle PR tradizionali e del ruolo fondamentale dell’ufficio stampa, il principale intermediario tra l’azienda e i propri stakeholder in tutte le situazioni (lancio di un nuovo prodotto, partecipazione a fiere ed eventi, situazioni di crisi, etc.).

Se la tua azienda desidera massimizzare la visibilità e gli investimenti con un'ampia esposizione mediatica, una strategia di PR ben definita è un primo passo fondamentale.

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Francesca Caon