20 gennaio 2025
Reverse Marketing, quando fare autocritica nelle PR crea successo
Oltre alla strategia di creazione di un alone di mistero attorno al brand, ne esiste anche un’altra tra quelle non convenzionali e indirette, il reverse marketing o marketing inverso. Con questo approccio, che rivoluziona le tradizionali dinamiche di PR, il brand conquista il consumatore non mettendo in evidenza il prodotto o servizio, ma divulgando messaggi contrastanti e negativi al fine di suscitare curiosità e, conseguentemente, visibilità.
Su cosa si basano questi messaggi? Su eventuali criticità dei prodotti, sul divieto di acquistarli o sul proibire al consumatore di fare qualcosa.
Come ho già spiegato nell’articolo riguardante l’importanza del mistero nelle PR, in quest’epoca di over information, le persone si sentono sopraffatte da un flusso ininterrotto di messaggi, sviluppando disaffezione e disinteresse nei confronti dei brand.
Il reverse marketing può rivelarsi utile per abbattere questa barriera dell’indifferenza, non inseguendo costantemente il consumatore ma stimolando spontaneamente l’interazione da parte del target. L’azienda, quindi, attira l’attenzione facendo leva sul coinvolgimento emotivo, sul far sentire il consumatore parte di qualcosa di più grande, sul gioco seduttivo, sulla creazione di un’esperienza di valore e non sulla promozione diretta.
Il principio psicologico alla base
Il reverse marketing si basa sulla psicologia inversa: i professionisti delle PR offrono degli stimoli che devono generare una risposta opposta al messaggio secondo il principio della reattanza psicologica (il pubblico, spesso, tende a fare il contrario di ciò che gli viene imposto o proibito). Quindi l’invito a non comprare un certo prodotto della marca X si trasforma quasi sempre in un acquisto, in quanto viene stimolata la curiosità dei consumatori (in questi casi, il “vietato vietare” si trasforma in una reazione positiva per il brand).
Esempi di reverse marketing
ClioMakeUp, al secolo Clio Zammatteo, una delle top beauty influencer italiane, ha realizzato un video sui social dal titolo “I prodotti che mi pento di aver creato”. Nonostante il tono autocritico e polemico, ha conquistato gli utenti perché, in realtà, anche se in modo negativo, ha elencato in modo sottinteso i loro punti di forza.
Patagonia, azienda specializzata in abbigliamento sportivo, nel 2011 ha invitato i clienti a non comprare una determinata giacca in catalogo. Risultato? Questo messaggio ha aumentato le vendite di questo capo del 30%.
Il ruolo delle PR e dell’ufficio stampa nel reverse marketing
Le PR e l’ufficio stampa applicate al reverse marketing possono:
divulgare contenuti di valore: un contenuto di valore che vieta di fare qualcosa deve essere accattivante e impattante, spiegandone i motivi. Non comprare questo prodotto perché…. deve essere l’affermazione principale attorno alla quale spiegare quei punti di debolezza che, in realtà, saranno dei punti di forza propedeutici all’azione desiderata.
costruzione di una narrazione autentica: il brand deve essere sé stesso e mostrarsi senza filtri. Sarà proprio questa connessione emotiva a trasformare un consumatore passivo in un sostenitore attivo del marchio.
L’ufficio stampa nel reverse marketing
Le PR e l’ufficio stampa applicati al reverse marketing rappresentano una combinazione vincente per costruire un brand coinvolgente e in grado di conquistare il pubblico spontaneamente.
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Francesca Caon